Banca Popolare di Bari, società cooperativa per azioni tra le dieci maggiori banche popolari italiane, è stata negli ultimi anni fortemente attenzionata per gravi problemi di gestione e di trasparenza delle proprie finanze, alcuni anche di rilevanza penale.

 

Recentemente la Procura di Bari ha concluso le indagini preliminari su Vincenzo De Bustis Figarola, ex amministratore delegato della Banca Popolare di Bari, per il reato di falsa testimonianza.

 

Ma quest’inchiesta costituisce solo uno dei capillari della più ampia e ben strutturata indagine relativa alla Banca Popolare di Bari che lo scorso 31 gennaio ha prodotto l’interdizione di De Bustis e l’arresto (con beneficio dei domiciliari) di Marco e Gianluca Jacobini, ovvero rispettivamente l’ex presidente e l’ex co-direttore della succitata banca, e dell’ex dirigente responsabile dei bilanci Elia Circelli per i reati di falso in bilancio ed ostacolo alla vigilanza.

 

Come al solito, in questa drammatica crisi a pagarne le spese maggiori sono state le decine di migliaia di risparmiatori (tra azionisti ed obbligazionisti) che, ad oggi, hanno visto sfumare circa 1,5 miliardi di Euro del loro capitale.

Facciamo un passo indietro

 

Nell’aprile del  2015 la situazione economico-finanziaria della Banca Popolare di Bari veniva prospettata come solida – e con incoraggianti prospettive di crescita – a tal punto che si riteneva che il valore del titolo azionario potesse essere collocato in una forbice di prezzo tra 8,50 Euro ed 11,50 Euro circa, ma prudenzialmente venne mantenuto il vecchio valore di quotazione pari ad Euro 9,53.

 

Esattamente un anno dopo, in occasione dell’assemblea di aprile 2016, ci fu la prima avvisaglia che qualcosa non stava andando come previsto e risultò necessario svalutare il titolo azionario del 21%, giungendo ad un prezzo di Euro 7,50.

 

Da allora iniziarono a succedersi una serie di avvenimenti, come significative cessioni di crediti deteriorati, rettifiche in bilancio, partecipazioni a fondi di solidarietà (come al fondo Atlas). Tuttavia nel 2017 i ricavi aumentavano del 10% rispetto all’anno precedente ed il coefficiente patrimoniale CET 1 (ovvero un indicatore di bilancio che esprime la solidità di una Banca) risultava appropriato, stante i vincoli imposti dalla Banca Centrale Europea.

 

Contestualmente nel corso del 2017, tra le decine di migliaia di risparmiatori che avevano investito in titoli della Banca barese, iniziava a crescere una “risonante” preoccupazione, giustificata dal fatto inoppugnabile che i succitati titoli fossero sostanzialmente illiquidi. In effetti era già da qualche anno che i 70.000 azionisti non riuscivano a recuperare il loro capitale a causa dell’impossibilità di vendere i succitati titoli.

 

La situazione non è cambiata neanche con la quotazione del titolo sul mercato Hi-MTF (circuito finanziario alternativo a quello delle borse tradizionali) avvenuta nel mese di giugno del 2017, un anno che si è concluso drammaticamente con una rovinosa caduta del prezzo azionario al di sotto della soglia dei 3 Euro per azione.

 

Nel 2018 la situazione economico-finanziaria della Banca Popolare di Bari si è inasprita ulteriormente ed al 30 giungo 2018 i crediti deteriorati della banca ammontavano ad Euro 2,571 miliardi su un totale di 7 miliardi di crediti.

 

Nell’ ottobre del 2018 la Consob ha comminato sanzioni per circa 2,6 milioni di Euro alla Banca Popolare di Bari ed ai suoi vertici, tra cui sono annoverati l’ex presidente Marco Jacobini e l’ex amministratore delegato Vincenzo De Bustis, per violazioni riguardanti, tra l’altro, le informazioni contenute nei prospetti degli aumenti di capitale del 2014 e del 2015

 

Il 2018 si è concluso con un bilancio disastroso, riportante una perdita netta consolidata di 372 milioni di Euro, rettificata poco dopo in 420 milioni di Euro. Il fattore che ha maggiormente contribuito a tale perdita è stata la registrazione in bilancio della svalutazione dei crediti deteriorati, già ben noti, ma che non erano stati calcolati “adeguatamente” nei precedenti bilanci.

 

Qualche mese dopo l’approvazione del succitato bilancio 2018, ovvero nel settembre del 2019, si aggiungeva alla già catastrofica situazione della Banca Popolari di Bari il fallimento di due grandi società immobiliari (Fimco S.p.A. e Maiora Group) verso le quali la Banca in questione vantava delle ingenti esposizioni su crediti.

 

Il commissariamento ed il decreto

 

Il 13 dicembre 2019 la Banca d’Italia ha proceduto all’ormai inevitabile commissariamento della Banca Popolare di Bari ed appena 3 giorni dopo il Consiglio dei Ministri ha emanato un decreto con cui si autorizzava  il finanziamento ad Invitalia – ovvero l’agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa – fino ad un massimo di 900 milioni di euro nel 2020 , atto alla ricapitalizzazione del  Mediocredito Centrale per il rafforzamento di Banca Popolare di Bari..

 

Il decreto in sostanza disponeva “il potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie della Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale fino ad un massimo di 900 milioni di euro, per consentire alla stessa di operare quale banca di investimento che possa accompagnare la crescita e la competitività delle imprese italiane”. Dovrà inoltre essere disposto un aumento di capitale che consentirebbe al Mediocredito Centrale, unitamente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e ad eventuali altri investitori, di partecipare al futuro rilancio della Banca Popolare di Bari.

 

Il succitato decreto-legge 16 dicembre 2019 n.142 è successivamente stato convertito in legge in data 7 febbraio 2020 ed entrato effettivamente in vigore dallo scorso 15 febbraio.

 

La situazione dei risparmiatori della Banca Popolare di Bari

 

Ad oggi il rischio degli attuali 70 mila azionisti, che detengono circa 160 milioni di azioni ad un prezzo teorico di 2,38 Euro per azione, di subire un completo azzeramento del valore del proprio investimento risulta molto elevato. A rischiare significativamente sono anche gli obbligazionisti che detengono i tre bond subordinati Tier 2 emessi da Banca Popolare di Bari, di cui uno da 6 milioni con scadenza 2020, uno da 15 milioni con scadenza 2025 (sottoscritto da un investitore istituzionale) ed il più consistente di oltre 213 milioni con scadenza 2021 sottoscritto per la gran parte dal pubblico degli investitori retail (i risparmiatori). Notoriamente risulta estremamente difficile ottenere il rimborso di questo tipo di strumento di debito in caso di dissesto finanziario del relativo emittente.

 

In sostanza tutti questi succitati titoli erano stati prospettati da Banca Popolare di Bari ai propri correntisti – e venduti generalmente in conflitto di interesse – come sicuri, facilmente liquidabili ed in aggiunta al riparo da potenziali perdite proprio in virtù del loro non essere quotati.

 

Invece i risparmiatori si sono ritrovati in mano titoli di fatto tossici ed invendibili a causa di una quasi totale assenza di contrattazione.

 

Cosa fare? 

Per i risparmiatori, ad oggi, la soluzione più immediata e concreta per recuperare le proprie perdite è quella di agire contro Banca Popolare di Bari instaurando una causa ordinaria per le responsabilità incorse in sede di vendita/post vendita dei titoli.

 

La Martingale Risk, oggi leader in Italia nel recupero delle perdite su investimenti finanziari, sta attualmente organizzando un’azione collettiva nei confronti di Banca Popolare di Bari sia attraverso cause di gruppo che individuali.

 

Ad oggi, il 92% delle nostre azioni si è concluso con il recupero delle perdite e di queste il 58% si è chiuso con un accordo transattivo con la banca controparte.