In materia di contratti derivati, prende piede un nuovo scenario di contestazione. Un importante comune toscano ottiene presso l’Alta Corte di Giustizia inglese (High Court of Justice Queen’s Bench Division) la dichiarazione di nullità di alcuni contratti derivati sottoscritti con una primaria banca italiana – Sentenza del 25/6/2015 (I parte), Sentenza del 25/6/2015 (II parte).

La vicenda

Nel caso specifico, dal 2002 al 2006 l’Ente toscano aveva sottoscritto con la banca n. 6 swap che negli anni hanno generato ingenti perdite in capo al Comune, tanto da portarlo a decidere nel 2010 di sospendere in autotutela amministrativa i pagamenti delle cedole negative a proprio carico. La banca, in contropartita, ha reagito appellandosi all’Alta Corte di Londra e chiedendo la corresponsione dei flussi da parte del Comune.

Il giudice inglese ha dato ragione al Comune, ritenendo che gli swap portati in giudizio dalla banca dovessero rispettare anche la legge italiana, ed in particolare le norme del TUF (Testo Unico della Finanza).

L’Ente aveva firmato la modulistica contrattuale l’ISDA (International Swaps and Derivates Association) Master Agreement, un modello internazionale di contratto quadro che incorpora i termini applicati alle transazioni in derivati eseguite tra le parti.

La sentenza

Il Giudice ha rilevato che, nel caso in cui l’Ente non sia configurabile come operatore qualificato e, allo stesso tempo, la sottoscrizione del derivato sia avvenuta fuori sede (vale a dire: contratto sottoscritto al di fuori dei locali dell’intermediario), il contratto quadro avrebbe dovuto contenere anche la facoltà di recesso anticipato in capo al contraente, esercitabile nei sette giorni successivi alla stipula, secondo quando previsto dall’art. 30, comma 7 del TUF.

L’ISDA firmato dall’Ente e contestato in giudizio, invece, non contemplava tale diritto di recesso. Di conseguenza, il Giudice ha dato ragione alla difesa del Comune, il quale ha ottenuto la dichiarazione di nullità dei contratti stipulati con la Banca e, conseguentemente, la ripetizione di tutti i flussi di cassa pagati fino al momento della sospensione in Autotulela. Tali flussi corrispondono a circa Euro 330.000.

Il Giudice inglese ha in sostanza ribadito quanto già affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 13905/2013 in materia di art. 30 comma 7 TUF e di previsione a pena di nullità dello ius poenitendi, vale a dire il diritto di recesso, che deve riconoscersi sempre in caso di:

  • vendita a clienti non classificabili come operatori qualificati ma come clienti al dettaglio (retail);
  • vendita fuori sede di prodotti finanziari.

Alla luce della Sentenza in commento, invitiamo gli Enti locali a verificare la correttezza e la regolarità dei contratti sottoscritti con le banche.

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