Bio-On S.p.A., ex unicorno (ovvero una startup che ha raggiunto un valore di mercato superiore al miliardo di euro) bolognese specializzato in bioplastica, è finita sotto le luci delle ribalta per aver dato vita nell’ultimo anno e mezzo ad una delle bolle finanziarie più rilevanti degli ultimi tempi in Italia.

L’esplosione rocambolesca di questa bolla è sfociata il 20 dicembre dello scorso anno in una dichiarazione di fallimento emessa dal Tribunale di Bologna (sentenza n. 137/19).

A pagarne le conseguenze sono stati soprattutto i risparmiatori italiani che hanno assistito impotentemente alla “combustione” di circa 700 milioni di euro di capitalizzazione, dopo appena qualche mese che Bio-on aveva superato addirittura il miliardo di euro di capitalizzazione.

Ad oggi, l’ex presidente di Bio-On Marco Astorri – dimesso già da fine ottobre 2019 da ogni carica ricoperta all’interno della Società – risulta indagato per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato, dopo il crac dell’azienda.

Facciamo un passo indietro 

 

La startup, nata nel 2007, si presentava come una intellectual property company, ossia un’azienda impegnata nella ricerca applicata sulla bioplastica e nella commercializzazione dei suoi brevetti con altre imprese.

Nell’ottobre 2014 Bio-on si quotava e collocava le sue azioni a 5 euro sul listino Aim di Borsa italiana (dedicato alle piccole e medie imprese).

Il titolo prese il volo nel 2018, quando repentinamente, nel giro di poche settimane, volò dai circa 31 euro di fine maggio fino al picco di 71 euro di luglio, arrivando ad una capitalizzazione di mercato addirittura superiore al miliardo di euro.

Per circa un anno il titolo è rimasto su valori di quotazione superiori a 50 euro per azione – talvolta sfiorando nuovamente il picco dei 70 – quando poi, improvvisamente, nel mese di luglio dello scorso anno viene mediaticamente stroncato dal noto fondo americano Quintessential.

Quintessential accusò Bio-on, con nutrite e circostanziate argomentazioni, di essere nient’altro che una grande bolla “basata su tecnologia improbabile, con fatturato e crediti essenzialmente “simulati” grazie a un network di scatole vuote”. A questo il fondo americano aggiunse che Bio-On non aveva ancora prodotto né venduto assolutamente nulla e che la situazione finanziaria risultava precaria ed irregolare.

Questo bombardamento mediatico impattò violentemente sul mercato, facendo andare in fumo circa 700 milioni di euro di capitalizzazione. Infatti il titolo precipitò dai 55 euro del 23 luglio 2019 ai 15 di giovedi 25, per poi saltare a 24 euro solo il giorno dopo.

Dinnanzi a tale incredibile volatilità la Consob fu costretta a sospendere temporaneamente il titolo dalle contrattazioni.

Da qui inizia l’irreversibile declino del titolo che ad ottobre aveva perso ormai l’82% del suo valore di mercato.

Quali sono le accuse principali mosse dal mercato contro Bio-On?

 

Una castello di scatole vuote: Sembra che la società avesse emesso la quasi totalità del fatturato nei confronti di imprese controllate e collegate. Inoltre la gran parte del fatturato risultava non essere stata pagata, mentre la parte pagata risultava saldata mediante somme fornite dalla stessa Bio-On.

In sostanza l’azienda bolognese aveva una struttura di fatturazione basata su una serie di “scatole vuote alle quali vendeva la propria tecnologia sotto forma di licenze” (Maurizio Salom, commercialista incaricato da Quintessential)

I rapporti con Finnat: Banca Finnat è la specialist che seguiva Bio-On dalla quotazione del 2014 e che emetteva le analisi pubbliche sul titolo. La banca aveva partecipazioni di minoranza in due partecipate di Bio-on, Liphe spa e Aldia spa, senza che questo venisse mai esplicitato né negli studi che firmava (in palese conflitto di interesse), né nel bilancio. Addirittura in un’analisi del 13 dicembre 2018 Finnat metteva il target price del titolo Bio-On ad 86 euro quando il giorno prima era solamente a 53,6.

L’impianto di Castel San Pietro Terme: L’impianto che a luglio 2018 appariva, secondo Quintessential, come un cantiere in corso piuttosto che come una fabbrica operativa, aveva costi, volumi di produzione e caratteristiche di operatività del tutto non credibili.

Per esempio Bio-On produceva bioplastica ad un costo quindici volte più alto del principale produttore italiano, Novamont. Inoltre, secondo le indagini in corso, sarebbero stati falsificati i dati sulla produzione di bio-polimeri, ufficialmente pari a 1.000 tonnellate nell’intero 2018, quando nei primi 11 mesi del 2019 si è attestata ad appena 19 tonnellate

Irregolarità nella contabilità: A Bio-On veniva contestato che le immobilizzazione materiali in corso non fossero minimamente spiegate nella nota integrativa, che le partecipazioni nelle imprese controllate e collegate non fossero state svalutate per la perdite subite e che in bilancio fossero indicati 33 milioni di crediti verso società partecipate senza che ne fossero illustrati i relativi rischi di incasso.

Reale efficacia della tecnologia: Le contestazioni mosse contro Bio-On in sostanza affermano che l’unicorno bolognese si stesse cimentando in processi di produzione altamente complessi, già in precedenza tentati senza successo da altri gruppi più grandi, come Metabolix, Zeneca e Monsanto.

Inoltre Bio-On affermava di essere proprietaria di oltre 200 tra brevetti e domande di brevetto già inviate, mentre al registro dei brevetti presso il ministero dello Sviluppo Economico ne sono stati individuati solamente 2 riconducibili a Bio-On.

L’epilogo della vicenda Bio-On

 

Nella semestrale pubblicata 2 mesi dopo l’esplosione mediatica della bolla, Bio-On presentava ricavi crollati da 6,123 milioni a 917 mila euro, perdite per 10,142 milioni ed un patrimonio netto in calo di 10,350 milioni.

Qualche giorno dopo il titolo è stato sospeso definitivamente della contrattazione ed il tribunale di Bologna ha disposto stringenti misure cautelari nei confronti del Presidente del Consiglio di Amministrazione Astorri, che ha dunque rassegnato le dimissioni da ogni carica.

Ad oggi, dopo la dichiarazione di fallimento emessa dal tribunale di Bologna il 20 dicembre 2019, l’ex presidente di Bio-On risulta indagato per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato.

 

Gli azionisti

 

Anche in questo caso, a pagarne le spese sono stati soprattutto gli azionisti retail che hanno investito sulla base di informazioni sistematicamente erronee e che si sono trovati inglobati in una bolla speculativa tra le più sorprendenti degli ultimi anni.

A detta dei maggiori esperti internazionali, sembra che fin dalla quotazione iniziale Bio-On avesse gonfiato il valore di capitalizzazione per raccogliere dal mercato i maggiori capitali possibili, ed il tutto facilitato dalle serie lacune investigative delle autorità di controllo.

Un grave problema, ad oggi, è inoltre rappresentato dalla probabile incapienza degli assets di Bio-On per garantire eventuali indennizzi ai tanti azionisti italiani. Effettivamente la sproporzione trai prezzi di mercato ed il valore reale dei numeri gettano seri dubbi sulla capacità di Bio-On di far fronte alle richieste risarcitorie dei vari stakeholders.

Cosa fare per recuperare le perdite Bio-On

La soluzione più immediata e concreta per recuperare le perdite, ad oggi, è quella di agire contro le banche intermediarie che hanno venduto i titoli. È possibile sia incardinare una causa ordinaria che un Ricorso ACF (Arbitro per le Controversie Finanziarie) al fine di recuperare i risparmi attraverso una sentenza/decisione di condanna della banca per le responsabilità incorse in sede di vendita e di monitoraggio dei titoli.

Le banche intermediarie avrebbero infatti dovuto avvisare i clienti risparmiatori dei rischi e della grande volatilità associati ai titoli Bio-On, man mano che essi diventavano sempre più evidenti. Al contrario, in molti casi, le banche hanno venduto indiscriminatamente questi titoli al pubblico dei risparmiatori, senza alcuna cura degli interessi di questi ultimi.

La Martingale Risk, oggi leader in Italia nel recupero delle perdite su investimenti finanziari, sta attualmente organizzando un’azione collettiva nei confronti degli intermediari che hanno venduto i titoli Bio-On, sia attraverso cause di gruppo che individuali. Ad oggi, il 92% delle nostre azioni si è concluso con il recupero delle perdite, e di queste il 58% si è chiusa con un accordo transattivo con la banca controparte.