Il Tribunale di Siena, con Sentenza n. 1282/2017 pubblicata il 15/12/2017, ha condannato una banca nazionale a restituire ad una società di Viterbo Euro 8.202,77 oltre interessi legali, quale svantaggio derivante dall’esecuzione del contratto derivato di Euro 300.000 stipulato tra le parti in data 20/1/2003.

La natura dello swap venduto dalla banca avrebbe dovuto tutelare il cliente dall’oscillazione dei tassi di interesse applicati al finanziamento sottostante, vale a dire un contratto di mutuo sempre intestato al cliente.

Succede molto spesso che i derivati, presentati dalle banche come ottimi strumenti a garanzia dal rischio di rialzo dei tassi, in realtà si rivelino trappole a totale svantaggio del cliente e ad esclusivo vantaggio della Banca.

Anche nel caso di specie, le parti avevano sottoscritto un derivato avente lo stesso fine.

Il rischio dei contratti derivati

Questa tipologia di derivato rappresenta una scommessa mediante la quale le parti si accordano per scambiarsi flussi finanziari che, attraverso il pagamento di differenziali, possono comportare maggior rischio in capo all’una o all’altra parte.

Anche il Giudice di Siena, Dott.ssa Serrao, ha confermato che il derivato ha una innata natura aleatoria, e dunque la sua causa contrattuale risiede nella presenza di un rischio in capo ad entrambi i contraenti. Tale rischio non necessariamente deve essere equamente distribuito e dunque il derivato può anche generare perdite in capo al cliente.

L’alea però deve essere – oltre che bilaterale – anche razionale, ovvero misurabile. La banca è chiamata infatti a definire il rischio dello strumento finanziario, per farlo conoscere al cliente. In difetto di ciò, il contratto può ritenersi nullo per difetto di causa.

La vicenda

Nel caso di specie, il Consulente Tecnico di Ufficio nominato dal Giudice ha individuato come, nel derivato sottoscritto tra le Parti, l’alea razionale fosse del tutto mancante in quanto le condizioni economiche da esso previste in nessun caso avrebbero potuto portare vantaggio al cliente, facendogli vincere la “scommessa”.

Il Giudice ha inoltre aggiunto che il difetto di causa non può essere sanato nemmeno dalla presenza della autodichiarazione del cliente di “operatore qualificato”, dichiarazione che in epoca PreMifid (fino al 1-11-2007) le banche erano solite far fare ai clienti, in modo tale da qualificarli come “esperti del settore” e dunque meno bisognosi di cautele e spiegazioni a tutela.

Il derivato in questione è stato dunque dichiarato nullo dal Tribunale di Siena ed il cliente ha ottenuto il diritto alla restituzione di tutti gli svantaggi economici subiti in esecuzione di esso, pari ad Euro 8.202,77 oltre interessi legali.

Quando le perdite sono causate dal derivato “sbagliato”, ossia uno strumento presentato dalla banca come “di copertura” ma che in realtà si rivela fortemente inadeguato per il cliente, o addirittura speculativo, insorge una responsabilità contrattuale in capo alla banca che può comportare, in caso di nullità, la ripetizione dell’intero ammontare delle perdite subite.

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