Un altro Istituto di credito, citato da un correntista, soccombe in giudizio e rimborsa al cliente Euro 24.000.

Con Sentenza del 21/02/2015, il Tribunale di Alessandria ha condannato la Banca a restituire al cliente interessi ed oneri indebitamente pagati fino alla data di estinzione del rapporto di conto corrente e quantificati in Euro 23.979,60 oltre interessi e spese di lite.

La vicenda

Nel caso in esame il Cliente, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, aveva sottoscritto in data 25.01.1990 un contratto di conto corrente, in forza del quale la Banca gli aveva concesso un’apertura di credito bancario. In seguito alla chiusura del conto nel 2007, trattandosi di un rapporto datato, l’imprenditore aveva richiesto alla Banca copia del contratto originario di cui non era più in possesso, oltre agli estratti conto relativi agli ultimi 3 trimestri antecedenti la chiusura del rapporto stesso, nonché la restituzione degli importi che gli erano stati illegittimamente addebitati.

La Banca, solo dopo essere stata diffidata, aveva provveduto a consegnare la documentazione richiesta rigettando, tuttavia, la richiesta di restituzione degli interessi perché correttamente applicati in base ai cd. “usi piazza”, cui si faceva espresso rinvio in contratto.

Il Cliente, pertanto, ha citato in giudizio la Banca con l’accusa di aver concordato condizioni contrattuali non valide per quanto concerne il tasso di interesse non espressamente pattuito per iscritto, la capitalizzazione degli interessi e le Commissioni di massimo scoperto (CMS).

In via preliminare, la Banca ha eccepito l’inammissibilità della domanda attorea in quanto la controversia insorta sullo stesso rapporto contrattuale era stata risolta tra le parti attraverso un cd. “Patto Tombale” avente ad oggetto il ripianamento della posizione debitoria del cliente attraverso la restituzione di una minor somma a stralcio del debito.

Già in quell’occasione, la Banca ha incassato il primo colpo in quanto lo stesso Tribunale di Alessandria, con Sentenza del 28.11.2011, aveva rigettato l’eccezione di inammissibilità della domanda per via dell’avvenuta composizione transattiva della vertenza. Infatti, pur avendo il Cliente saldato la propria esposizione debitoria attraverso la corresponsione di una somma simbolica alla Banca, l’accordo transattivo aveva riguardato solamente l’entità del debito esistente e non anche la nullità delle clausole successivamente lamentata dall’attore, non precludendo in alcun modo la presentazione della domanda stessa.

Il secondo colpo la Banca lo ha incassato di recente, quando con Sentenza del 21/02/2015 si è vista condannare in primo grado alla restituzione delle somme indebitamente pagate dal Cliente. Questo in quanto il Consulente Tecnico d’Ufficio ha ravvisato la presenza dei seguenti illeciti:

  • Nullità della clausola per la determinazione del saggio degli interessi del contratto che faceva espresso rinvio “alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza” in quanto, affinché la clausola che prevede gli interessi possa essere ritenuta valida, deve necessariamente prevedere un tasso determinato o determinabile con certezza;
  • Nullità della clausola relativa alla capitalizzazione periodica degli interessi, in quanto il conto corrente prevedeva forme di anatocismo non applicabili ad un contratto stipulato anteriormente all’entrata in vigore della delibera del CICR del 9.02.2000 e basate su un uso negoziale e non normativo (in violazione dell’art. 1283 c.c.). La delibera CICR ha ammesso a partire dal 2000 l’anatocismo bancario purché applicato in condizioni di reciproca periodicità di calcolo degli interessi debitori e creditori, e previa comunicazione per iscritto di adeguamento alla normativa da parte della Banca al Cliente. Nel caso specifico, la nullità della clausola relativa alla capitalizzazione degli interessi è stata fatta valere sia per i primi dieci anni di vita del rapporto antecedenti la delibera (1990/2000), sia per tutto il periodo successivo (2000/2007), in quanto la Banca non ha dato prova di aver chiesto e ricevuto preventiva approvazione dell’adeguamento alla delibera da parte del Cliente;
  • Nullità delle C.M.S. applicate al rapporto, in quanto il contratto costitutivo non prevedeva alcuna regolamentazione scritta circa le modalità di calcolo, la periodicità e la quantificazione delle stesse.
  • Per quanto concerne la ripetizione di interessi usurari il Tribunale, in ottemperanza del principio secondo cui l’usurarietà degli stessi va valutata in riferimento al momento della pattuizione ed essendo il conto in esame nato prima dell’entrata in vigore della legge antiusura (L. 108/1996), ha ricondotto ai tassi legali gli interessi applicati nei periodi di sconfinamento.

Il ricalcolo dell’effettivo saldo sul conto corrente effettuato dal CTU, attraverso l’eliminazione di CMS, interessi anatocistici e la sostituzione dei tassi di interesse convenzionali passivi e attivi con quelli legali (rispettivamente tassi minimi e massimi dei BOT ex art. 117 TUB), ha evidenziato un credito del Cliente pari ad Euro 23.979,60 ed ha pertanto originato la restituzione dalla predetta somma, oltre interessi e spese di lite.

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