Le conseguenze per i risparmiatori traditi

Il puzzle si è finalmente completato, con la Banca Popolare di Bari si va a chiudere il cerchio delle banche italiane in dissesto che in 10 anni hanno ridisegnato la geografia del credito italiano. Da Monte dei Paschi alla Carige, passando per la Popolare dell’Etruria , Banca Marche, CariChieti, CariFerara fino alle banche venete per arrivare appunto alla Popolare di Bari il minimo comune denominatore sembra essere il medesimo: comportamenti delinquenziali e governance inadatte volte esclusivamente a perpetuare i propri interessi. Ma andiamo più nel dettaglio:

Il mese scorso è stato varato dal Consiglio dei Ministri un provvedimento da 900 milioni di euro teso alla ricapitalizzazione della Banca Popolare di Bari tramite Mediocredito centrale, istituto  a sua volta controllato da Invitalia.

Il salvataggio di stato eviterebbe, almeno per il momento, così come disciplinato dal “bail-in” e in recepimento della “Bank recovery and resolution directive” l’applicazione del cosiddetto principio del “burden sharing”. Il coinvolgimento quindi anche dei soggetti privati alla partecipazione delle perdite in una misura non inferiore all’8% della massa passiva sembrerebbe scongiurato.

Il decreto legge per la Banca Popolare di Bari

Commissariato lo scorso 13 dicembre da Bankitalia, stabilisce il potenziamento della capacità patrimoniali e finanziarie tramite un aumento di capitale condiviso tra MCC, Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi ed eventuali altri investitori.

Lo scenario peggiore, temuto dal commissariamento, avrebbe implicato anzitutto, l’azzeramento delle azioni, che già nell’ultima seduta nella quale era ancora possibile la negoziazione su mercati regolamentati avevano raggiungo il valore di 2,38 euro ciascuna, per un valore complessivo di 388 milioni di euro, ma anche una rivalutazione nello stesso senso della posizione degli obbligazionisti subordinati.

A oggi, l’unico bond in questione è quello subordinato emesso nel giugno dello scorso anno (ISIN: IT0005067019) il cui controvalore nominale ammonta a 213,3 milioni e di fatto necessario per coprire con il capitale azionario le perdite cumulate dalla Banca.

Lo stato d’incertezza in cui versa il primo gruppo creditizio autonomo  del mezzogiorno, colpevole di aver creato un buco da oltre 1 miliardo di euro, sembra portare i risparmiatori ad un bivio:

  1. attendere passivamente l’evolversi degli eventi
  2. o agire proattivamente, usufruendo dei potenziali fondi a disposizione, e lanciarsi in un’azione legale volta a dimostrare la mala fede dell’intermediario, consapevole al momento della vendita dei titoli, delle reali condizioni finanziarie e patrimoniali dell’emittente.

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