Importante e quanto mai innovativa è la recentissima Sentenza del Tribunale di Milano, n. 7398 del 16.06.2015, in materia di contratti derivati.

La pronuncia, riprendendo quanto già enunciato dalla Corte d’appello di Milano con Sentenza n. 3459 del 18/09/2013, vale a dire l’obbligo di indicazione in contratto del valore di mercato del derivato (Mark to Market) alla stipula, ha ulteriormente stabilito che anche la mancata indicazione del metodo matematico utilizzato per il calcolo del Mark to Market comporta la nullità dei derivati sottoscritti.

La vicenda

Nel caso di specie, il Tribunale di Milano si è pronunciato in merito a n.4 derivati stipulati nel 2003, causa di ingenti perdite per i clienti. Inizialmente si trattava di 4 swap distinti, stipulati da aziende appartenenti ad uno stesso gruppo societario, per un nozionale complessivo di Euro 6.000.000. La banca aveva proposto l’operazione finanziaria in quanto necessaria per garantire una copertura dal rischio di rialzo dei tassi di interesse, in considerazione del generale indebitamento del Gruppo con l’Istituto.

Dopo il primo anno di operatività, pur in presenza di flussi positivi registrati in favore delle società, la banca aveva inaspettatamente proposto una rinegoziazione dei contratti, riunificandoli in un unico IRS intestato alla Capogruppo. Il Mark to Market dei 4 contratti, di segno negativo, è stato poi trasferito al contratto derivato successivo, con l’aggiunta di ulteriori costi impliciti.

Ulteriori rinegoziazioni del derivato sono state più volte poste in essere fino alla naturale scadenza dell’ultimo contratto a maggio 2014, che ha definitivamente comportato una perdita economica di Euro 745.341,95 per il cliente.

L’azienda ha pertanto citato in giudizio l’Istituto Bancario, promotore dell’operatività in derivati, lamentando nel comportamento della banca le seguenti irregolarità:

  • sottoscrizione di una “dichiarazione di operatore qualificato” menzognera, predisposta dalla banca e non rispondente alle reali competenze in capo agli esponenti del gruppo che, in realtà, non avevano alcuna esperienza nell’operatività in derivati;
  • apparente finalità di copertura degli strumenti finanziari ma reale intento speculativo;
  • mancata informazione alla clientela circa le caratteristiche dei contratti sottoscritti da parte della banca (in difetto dei doveri di diligenza, correttezza e trasparenza ex art. 21 TUF).

La sentenza

Il Giudice, ravvisando la presenza di effettive anomalie, ha decretato la nullità del contratto in questione. Nullità non nella causa, come lamentato dagli attori in giudizio, quanto nell’oggetto del derivato.

Lo swap è infatti un contratto caratterizzato da uno scambio di flussi finanziari tra due parti, che a scadenze stabilite si impegnano a pagare un determinato importo calcolato secondo parametri definiti da contratto; a ciascuna scadenza i rispettivi importi si compensano generando un cd. differenziale, che potrà essere positivo per un contraente e negativo per l’altro.

La causa del derivato può individuarsi nello scambio di flussi tra le parti e, dunque, nel rischio ad essi connessi. I differenziali possono legittimamente essere a vantaggio di uno o dell’altro contraente, in quanto gli swap per definizione hanno una componente aleatoria intrinseca lecita, sia che si tratti di contratti di copertura che di contratti speculativi. Ribadendo quanto già stabilito dalla Corte d’appello di Milano nel 2013, “lo swap è una scommessa legalmente autorizzata” e pertanto l’alea può gravare più su una parte che sull’altra (l’eventuale sbilanciamento delle alee non incide sulla validità del contratto).

La nullità dei contratti esaminati ha riguardato piuttosto il difetto dell’oggetto del contratto, vale a dire il Mark to Market stesso. Posto che il Mark to Market per definizione non può essere determinato, in quanto si parla di valori attesi, esso deve essere quantomeno determinabile: per fare ciò è necessario esplicitare la sua metodologia di calcolo dal momento che, a seconda della formula utilizzata, anche gli importi generati possono variare sensibilmente.

Nonostante la banca abbia eccepito in giudizio che nel contratto quadro il Mark to Market fosse determinabile, in quanto vi era la presenza di una clausola che richiamava le quotazioni di mercato dei tassi di interesse presi come parametro di riferimento, per il Tribunale di Milano tale elemento da solo, per i contratti IRS, non è sufficiente a quantificare il valore del Mark to Market.

In forza di tale decisione, il Giudice ha dichiarato nulli i contratti derivati oggetto di causa ed ordinato alla Banca la restituzione di tutte le somme pagate dalla società, complessivamente pari ad Euro 745.341,95.

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