APPROFONDIMENTO SUL CASO PORTUGAL TELECOM E OI BRASIL

Altice Portugal, il più grande fornitore di servizi di telecomunicazioni del Portogallo, precedentemente noto come Portugal Telecom o PT, è una società divenuta famosa per l’emissione di grandi prestiti obbligazionari ma che nella recente storia è stata protagonista di una grave crisi finanziaria, culminata purtroppo nel default.

Altice Portugal è controllata dal giugno 2015 da Altice Group, una compagnia multinazionale olandese che si occupa di telecomunicazioni e mezzi di comunicazione di massa con una significativa presenza in tutto il Mondo.

Ma facciamo un passo indietro.

Nel 2013 Portugal Telecom, nell’ottica di uno sfidante progetto di espansione internazionale, procede alla fusione con la controllante OI Brasil (grande società da 17 miliardi di dollari).

Tale decisione porterà ad un’involuzione decisamente fallimentare nel giro di soli 2 anni.

Infatti il valore delle obbligazioni Portugal Telecom, essendo garantito da OI Brasil, risultava fortemente influenzato dalla situazione economico-finanziaria di quest’ultima.

In un contesto in cui l’economia brasiliana è caratterizzata da una forte recessione e da una destabilizzante crisi politica – fattori che contribuiscono alla perdita del 50% del valore della moneta nazionale – tra il 2015 ed il 2016 OI Brasil non riesce a concludere positivamente fondamentali trattative finanziarie che avrebbero portato una importante iniezione di liquidità nelle tasche della società di telecomunicazioni brasiliana.

Le problematiche sopra descritte, unitamente ad una strutturazione in dollari ed euro dei debiti a fronte di ricavi in valuta locale ormai sempre più debole, causano una forte crisi di liquidità che porta OI Brasil ad uno stato di incapacità sistematica di far fronte ai propri impegni finanziari.

Le principali agenzie internazionali declassano il rating di OI Brasil, di conseguenza anche le quotazioni delle obbligazioni Portugal Telecom crollano.

Tra Novembre 2015 e Giugno 2016 le obbligazioni con scadenza 2019 (ISIN: XS0462994343) perdono l’81% del proprio valore, mentre le obbligazioni con scadenza 2020 (ISIN: XS0927581842) perdono l’80% del proprio valore.

A differenza dei crediti non deteriorati di Portugal Telecom, che vengono vendute al capogruppo olandese Altice, le succitate obbligazioni entrano a far parte della travagliata procedura concorsuale, il cui termine ultimo per aderire al concordato è stato l’8 Marzo 2018. In Italia, solo una minima parte dei risparmiatori – per volontà o per impossibilità – vi hanno aderito.

A pagarne le spese sono stati soprattutto gli investitori retail che hanno visto i propri risparmi sfumare rapidamente in quanto si sono ritrovati di fronte alla possibilità di  partecipare al piano di ristrutturazione a proprie spese, sostenendo i costi di un legale in Italia o in Brasile con una prospettiva di recupero del 40% del valore nominale  in una decina di anni, oppure liquidare i titoli perdendo mediamente l’80% dell’investimento originario oppure infine non aderire al concordato e non vendere, vedendosi assegnata in automatico un’obbligazione senza cedola con scadenza venticinquennale che prevede un rimborso del 20% del valore nominale.

Tutti gli obbligazionisti che non hanno aderito per volontà o per impossibilità al concordato entro l’8 Marzo 2018 (che in Italia sono la maggioranza), in seguito alla conversione automatica dei loro titoli in zero-coupon bond (obbligazioni senza cedola) con scadenza venticinquennale che prevedono un rimborso del 20% del valore nominale, perdono sostanzialmente l’80% dell’ investimento originario.

Le responsabilità delle Banche in questa storia, oltre il fatto di aver molte volte consigliato con leggerezza l’investimento in obbligazioni Portugal Telecom, riguardano sostanzialmente la mancata comunicazione di tutti i rischi connessi alle negoziazioni aventi ad oggetto le succitate obbligazioni, che risultavano già particolarmente rischiose dal 2015 in poi e quindi non in linea con la maggior parte delle profilazioni dei clienti retail e l’incapacità di assistere tempestivamente gli investitori al momento dell’attivazione della procedura concorsuale e dell’insinuazione al passivo.